il manifesto DI FIORDIRISORSE
PER UNA NUOVA CULTURA DEL LAvoRO

cos'è il manifesto

GENESI DEL MANIFESTO
Il Manifesto del Lavoro di FiordiRisorse è stato elaborato durante il weekend del 5 e 6 ottobre 2019 fra i boschi del Valdarno, in Toscana. Hanno partecipato alla realizzazione del Manifesto 46 Persone aderenti alla Community di FiordiRisorse fra manager, imprenditori, liberi professionisti, formatori, giornalisti e comunicatori.

UN LUOGO APERTO
FiordiRisorse offre un luogo di discussione e collaborazione a disposizione di tutti coloro che desiderano offrire un punto di vista personale e non convenzionale sui temi del lavoro, condividendo il manifesto e contribuendo a realizzare un nuovo vocabolario.

PRENDERE UNA POSIZIONE
Contribuire a creare un “Rumore Armonico” che spezzi il silenzio assordante dei luoghi comuni geografici e mentali, delle parole senza contenuti che rimbombano nelle riunioni, delle notizie senza approfondimenti critici ribattute da un giornale all’altro. FiordiRisorse attraverso le 24 tesi del Manifesto propone un cambiamento culturale nei modelli e nel linguaggio del lavoro.
il manifesto
Il futuro del lavoro è adesso.
È responsabilità di ogni singolo lavoratore prendersene cura e garantire dignità al lavoro.
LEGGI I PUNTI DEL MANIFESTO
HANNO FIRMATO IL MANIFESTO
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Stefano Nerozzi |
Alessandra Taccon |
Lucia Ingrosso |
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Padova |
Milano |
commenti
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le parole del manifesto
- A
- B
- C
- D
- E
- F
- G
- H
- I
- L
- M
- N
- O
- P
- Q
- R
- S
- T
- U
- V
- Z
- Benessere
[Benessere lavorativo]
Il Benessere, inteso come condizione di armonia tra spirito e fisico, è fondamentale nella vita degli individui.
Le persone aspirano a conquistare una posizione di benessere in ogni contesto sociale in cui si trovino ad operare. Non stupisce di certo che ciò avvenga soprattutto sul luogo di lavoro, in cui normalmente ci si trova a trascorrere la maggior parte del tempo.
Un errore in cui è facile cascare sarebbe quello di considerare un lavoro ben retribuito generatore di Benessere. Certamente avere una stabilità economica è importante, ma in un contesto aziendale, formato da una pluralità di persone, con sogni e ambizioni molteplici, rilegare il benessere a un mero valore economico risulta quantomeno riduttivo.
Dopo anni di esperienza sul campo, a contatto con lavoratori e imprese, ritengo di poter finalmente dare un inquadramento soddisfacente al “benessere lavorativo”.
Il Benessere Lavorativo non si ottiene con piani di welfare così come oggi concepiti, introdotti spesso per motivi non idonei a gratificare i dipendenti, che nella maggior parte dei casi si dichiarano insoddisfatti.
Il vero benessere nasce in prima battuta dall’empatia e dall’ascolto. Quella che sembra la più grande banalità alla luce dei fatti diventa quasi un miraggio.
La soddisfazione del lavoratore non può considerarsi una chimera, una mera prerogativa solo di realtà aziendali particolarmente illuminate.
I premi produzione o i benefits sono importanti, ma devono essere l’ultimo step di un processo più ambizioso, che ha come fine ultimo quello di adottare tutti i provvedimenti necessari a migliorare lo stato di benessere dei lavoratori.
Non si può ragionare del lavoro del domani se prima non si torna a rimettere al centro l’individuo.
Per questo ritengo fondamentale puntare un faro sull’argomento, affinché si inizi a prenderne coscienza. Il fattore umano, con i suoi bisogni e le sue legittime aspirazioni, deve tornare al centro delle strategie aziendali e deve farlo sfruttando, se ritenuto opportuno, anche i benefici che le nuove tecnologie offrono.
Il benessere del lavoratore deve essere un punto fermo da cui ripartire per costruire una società più giusta.
Gianmarco Guerrini
- Complessità
Una espressione tautologica, perché si specchia su se stessa senza svelare se è causa o effetto: qual è il significato di “significato”?
Rimanda sicuramente al “senso” di una domanda, la più scontata, ma anche la più difficile: chi è?
Che cosa è?
Ma provo anche ad immaginare questa domanda, non solo quando serva ad indagare le sembianze di una cosa, ma anche quando voglia stabilire un rapporto tra una parola e le sue mille “interpretazioni” attraverso la formulazione di un’altra domanda, meno scontata: Che cosa intendi per?
Esplorare le pieghe di un concetto è una bella palestra, perché ricorda a tutti che non esiste un significato univoco, perché la stessa parola, se cambia il contesto, ha un altro peso, ma soprattutto perché il significato di una parola è sempre patrimonio dell’universo linguistico ed esperienziale di una persona.
Ha una risonanza rispetto alla vita privata e professionale dell’altro, poiché attinge a sistemi di comportamenti, convinzioni e valori. E poi c’è il significato che scaturisce dalle pieghe delle parole, come tasti neri di un pianoforte rispetto a quelli bianchi: quanto cambia una parola quando è forgiata dal timbro della voce, dalla pausa, dal ritmo e dall’emozione…
Allora esplorare il significato potrebbe portare a scoprire qualcosa di “non detto”, che impone altre domande. La nuova risposta potrebbe rendere esplicito qualche significato, talvolta non dichiarato, o potrebbe rimanere nascosto o addirittura “frainteso”. Per questo la formulazione della domanda è importante, perché sostiene la ricerca di ciò che non è chiaro a priori e contribuisce a far crescere il rapporto con l’altro a cui poniamo la domanda.
Fare domande, si diceva a #Reloaded2019, è più importante che dare risposte.
Traduco questa affermazione come: chiedere all’altro il significato di una parola, di una frase è non dare per scontata la nostra interpretazione, ma preoccuparsi di comprendere il senso che l’altro ha dato, perché il significato è il suo. E allora è un attimo che facendo domande ti accorgi di qual è il significato di “ascolto”.
Sarà per questo che le connessioni si trasformano in relazioni: #Reloaded2019 !
Andrea Buti
- Ecosistema
In "Incrementare i rendimenti e il nuovo mondo degli affari" W. Brian Arthur introduce il termine ecologia della tecnologia:
“Le tecnologie non esistono da sole ma in una rete interconnessa, o ecologia. È importante comprendere le ecologie a cui appartengono i prodotti di un'azienda. Il successo o il fallimento è spesso deciso non solo dall'azienda ma dal successo o dal fallimento della rete a cui appartiene. La gestione attiva di tale rete può essere una lente d'ingrandimento importante di rendimenti crescenti. “ July 1996, Harvard Business Review
Questo concetto si applica non solo alle tecnologie, ma anche al modo in cui l’azienda cerca, trova e
fidelizza i clienti. Il concetto di cliente al centro è stato arricchito negli anni dalla consapevolezza del binomio interno-esterno.
Cercare, trovare e trattenere il cliente interno, il lavoratore, fa parte dell’ecosistema azienda ed influisce il successo e il fallimento della stessa come elemento essenziale nella rete intangibile menzionata da W. Brian Arthur.
L’interpretazione che le persone all’interno dell’azienda danno al fallimento o successo del loro lavoro è legata ad un’ecologia della mente, al modo in cui i successi e i fallimenti sono stati riconosciuti nell’ecosistema.
Ecosistemi aziendali sono la mappa o le mappe ecosistemiche dell’azienda che mostrano lo stato relativo rispetto ai brand dello stesso settore e le relazioni con gli altri ecosistemi. L’azienda forma un ecosistema ed è parte dell’ecosistema. Dall’esperienza di P. Kotler e C. Sarkar, parlando di tassonomia degli ecosistemi, l’azienda come organismo vivente non può fare a meno di evolversi e trasformarsi interagendo con ecosistemi determinanti come: i competitors, il cliente, l’innovazione, il clima culturale, il brand, le categorie, i processi, i prodotti/servizi offerti, la politica, i media, i dati demografici e IoT.
FdR è un ecosistema che cresce, si evolve e si trasforma al suo interno e nelle relazioni con gli ecosistemi determinanti. Le sue azioni svolgono una funzione importante nell’ecosistema cultura: comprendere le relazioni e le motivazioni chiave nelle comunità di partecipanti affini o motivati. L’ecosistema di categorie attivate da FdR include le mappe ecosistemiche di generatori di idee, collaboratori e professionisti che lavorano su tematiche interdisciplinari. Il rapporto FdR con l’ecosistema innovazione si potrebbe mappare dal modo in cui guarda attentamente ai margini di ogni settore per tenere traccia degli innovatori e dei disgregatori. Ha anche un ottimo modo per identificare le esigenze latenti delle persone: l' obiettivo perenne da svolgere.
Daniela Chiru
- Fatica
- Formazione
Dal vocabolario Treccani riportiamo:
− Sforzo materiale che si fa per compiere un lavoro o svolgere una qualsiasi attività, e di cui si sente il peso e poi la stanchezza.
− Sforzo e travaglio dell’intelletto.
− fig. Il lavoro stesso, l’occupazione, l’operare in concreto.
Come possiamo osservare il vocabolo lavoro lo associamo quasi sempre alla fatica, cioè quello sforzo che viene compiuto per svolgere qualsiasi tipo di attività, sia essa puramente fisica cheintellettuale.
La fatica è insita nel lavoro, ma è diversa per ciascun lavoratore.
Viene da sottolineare che la fatica fisica nel lavoro, a ragione, implica un affaticamento, un sacrificio che sottopone il corpo a delle forti sollecitazioni ed una sicura usura nel tempo, ma non è detto che sia percepita in maniera negativa dal lavoratore che potrebbe esserne, invece, appagato.
Accade, diversamente, che sia il lavoratore che svolge attività intellettive a sentire forte il peso della “fatica” e a subirne gli effettivi negativi. Il problema del lavoro non è la fatica in sé per sé ma cosa ci porta a far fatica, le motivazioni di fondo che lo rendono così faticoso. Il lavoro non è solo il modo per guadagnarsi da vivere, ma è sicuramente molto di più. Per la fatica che facciamo e per il tempo che ci dedichiamo, dovremmo rendere il lavoro come il gioco per i bambini e cioè un’occasione per stabilire relazioni al di fuori della famiglia, una modalità per affrontare e risolvere nuove sfide e problemi sviluppando abilità fisiche e mentali.
In poche parole difficili, non fatica ma “divertimento”.
Uriano Iuvalò
- Manager
Parola di origine anglosassone entrata oramai nel vocabolario comune italiano. Ma la parola deriva proprio dall’italiano maneggiare (di attrezzi o armi, o anche cavalli, da cui maneggio), inteso anche come azioni non trasparenti volte a raggiungere uno scopo o interesse. L’etimo della parola è probabilmente latina: deriva da “manus” e “agere” e ha avuto una trasformazione nel francese “menage” per indicare la gestione delle cose domestiche.
Indica la persona responsabile di gestire, dirigere e controllare una organizzazione (store manager, production manager, sales manager). Viene usata anche per indicare la persona che si occupa di gestire e allenare team sportivi (football manager) o di gestire attività ed interessi in nome e per conto di qualcun altro (manager di cantanti, attori).
Talvolta non è una persona ma una applicazione che si occupa di gestire e organizzare informazioni digitali (file manager, agenda manager, password manager).
Nella più classica tradizione del management scientifico introdotto da Taylor circa 100 anni fa, il manager ha il compito di comandare l’esecuzione di determinate attività e controllare l’operato di persone singole o in team all’interno di una organizzazione aziendale.
Per questo motivo è spesso contrapposto alla figura del Leader.
Il mondo sta continuamente cambiando, e le organizzazioni faticano a stare al passo dei tempi: la figura del manager aziendale è sotto una grande pressione e oggetto di una richiesta di rapida evoluzione. La tecnologia sta imponendo nuove figure di manager, con capacità diverse dal comandare e controllare.
Empatia, delega, coinvolgimento, sviluppo delle persone, umiltà e altre nuove competenze dovrebbero far parte dello zaino del manager di oggi. Forse una su tutte le racchiude tutte: fare domande, piuttosto che fornire risposte.
Andrea di Menna
- Orientamento
Mettere un individuo in condizione di prendere coscienza delle sue caratteristiche personali e di svilupparle in vista della scelta degli studi e delle attività professionali, con lo scopo congiunto di perseguire lo sviluppo della società e della propria crescita personale”
congresso UNESCO a Bratislava nel 1970.
Nella definizione data dal Congresso UNESCO di Bratislava nel 1970 ci sono dei concetti sorprendenti che caratterizzano la parola “Orientamento”.
Probabilmente il suo vero significato non ha nulla a che fare con il pensiero comune nel mondo del lavoro e della scuola oggi, al punto che possiamo dire che si tratta di una delle parole più maltrattate.
Orientamento non è “orientare”: “suo figlio deve fare la scuola professionale”, “fai un MBA che hai più possibilità di trovare lavoro”.
Orientamento è partire dall’individuo e porlo in condizione di comprendere, di prendere coscienza delle sue caratteristiche e delle sue potenzialità.
Ma questo si integra con uno scopo sociale, con uno sviluppo delle competenze importanti per il tessuto sociale, in primis, ma non solo (“ha ancora senso finanziare con soldi pubblici corsi per addetti alle buste paga”?)
Ripartiamo dalle persone dai loro desideri e dalle loro attitudini
Orientamento è ascolto e supporto concreto.
Beniamino Bacci
- Passione
Siamo una #community di appassionati.
Andando oltre l’etimologia della parola (dal greco antico pathos, sofferenza, passività), e cogliendone il suo significato più esteso, la #passione a cui si riferisce il manifesto di FDR è legata all’inclinazione, al forte interesse, al trasporto per tutto ciò che è lavoro e cultura del lavoro.
Possiamo essere appassionati di lavoro, al giorno d’oggi?
Nella storia della filosofia il concetto di passione ha avuto molte evoluzioni e il significato che più si è diffuso è il sentire con forte intensità, caratterizzato da una forte attrazione per un soggetto e, poiché stiamo entrando nella sfera dei sentimenti umani, la passione ha connotazioni molto diverse a seconda del contesto. Generalmente è considerata un sentimento che è molto difficile dominare, per questo in un certo senso la passione si subisce, l’uomo è un attore passivo di fronte ad essa.
Tuttavia, quasi per contrappasso, il significato di passione che adoperiamo per il nostro manifesto della cultura del lavoro si oppone al “patire”, al dolore, all’essere passivi, perché crediamo che il lavoro possa essere espressione delle attitudini e delle volontà umane, una delle manifestazioni della sua identità, la leva per migliorare la propria condizione, ciò che lo fa sentire vivo, che aggiunge significato e valore alla sua vita e possa quindi riscattarlo dalla fatica a volte necessaria per ottenere il lavoro stesso o per raggiungere l’obiettivo sperato.
Simona Malta
- Raccomandazione
- Responsabilità
- Restituire
Non è un’agevolazione, è un impegno.
Un impegno che riguarda innanzitutto il raccomandante che si espone, impegna sé stesso e la sua credibilità proponendo qualcuno che ritiene meritevole della propria testimonianza.
Raccomandare significa quindi impegnare la propria credibilità, non il proprio peso personale o professionale in vista di un ritorno più o meno legittimo di favori o agevolazioni.
Ovviamente se raccomandare implica mettere in gioco sé stessi, questo comporta che non possa essere fatto a cuor leggero o in maniera superficiale.
Chi raccomanda agisce in maniera responsabile, in termini aziendali diremmo managerialmente, facendosi carico di un processo di selezione e discernimento che lo portano a dare il proprio appoggio a chi ne viene ritenuto degno per il valore ed i valori di cui è portatore, ed escludendo chi non rientra in questi parametri.
Il raccomandato di conseguenza sarà qualcuno in grado di concepire e riconoscere il valore di una raccomandazione oltre la sua utilità immediata, diventando parte di un meccanismo positivo.
Questo approccio alla Raccomandazione basato sulla credibilità richiede inoltre che essa venga costantemente alimentata e confermata, creando un rapporto di lungo termine tra raccomandante, raccomandato e chi riceve (non subisce, come spesso accade) la raccomandazione.
Se le reti che costruiamo si basano su questo concetto di Raccomandazione, avremo vincoli umani prima che professionali, sistemi che poggiano su serietà, affidabilità e dimensione etica e che saranno in grado di assorbire e riparare le inevitabili difficoltà.
È notte.
Dopo lunghi anni di assedio improvvisamente la città di Troia è in fiamme, conquistata dai Greci grazie a uno stratagemma dell’astuto Ulisse.
Tutti i cittadini si danno alla fuga, ognuno come può, e tra essi anche Enea, uno dei principi guerrieri del re Priamo.
Enea potrebbe facilmente fuggire veloce con il figlio Ascanio e la moglie Creusa, ma non vuole abbandonare il vecchio padre malato Anchise.
Così se lo carica sulle spalle e lo porta con sé, anche se rischia di rallentare la sua fuga.
Quando penso alla responsabilità, questa è l’immagine che mi viene in mente, qualcosa che sentiamo sulle spalle perché ce ne “facciamo carico” ma che al contempo ci connota come esseri umani che scelgono liberamente di prendersi cura di qualcuno o qualcosa
A cui teniamo, anche se costa fatica.
Quello di Responsabilità è un concetto legato alla modernità: presuppone infatti la libertà del soggetto, la capacità di agire e scegliere liberamente, e con consapevolezza.
Responsabile è quindi colui che è pronto a rispondere delle proprie azioni, anzitutto a se stesso e poi alle persone che lo circondano e alla società.
Cosa significa responsabilità nel mondo del lavoro e all’interno delle aziende?
In un mondo sempre più veloce, leggero e complesso, la responsabilità contiene un fattore di “pesantezza positiva” ed è qualcosa che ci costringe ad ancorare le nostre scelte e decisioni a qualcosa di duraturo.
Per un imprenditore, essere responsabile significa prendere decisioni tenendo sempre presente il contesto a cui deve rispondere, sia quello vicino dei collaboratori e dei clienti, sia quello più ampio del territorio e della società in cui opera. Un imprenditore responsabile ha anche il coraggio di guardare in faccia il mondo e l’ambiente.
Per un dipendente o un professionista essere responsabile significa comprendere che il proprio operato influisce su quello dei colleghi e dei collaboratori, e non può mai essere un semplice svolgimento del compito assegnato.
La responsabilità ci tiene con i piedi per terra, ci regala la lucidità nel vedere la relazione che lega in maniera meravigliosamente complessa ogni azione e ogni persona ad altre azioni e altre persone, guidandoci spontaneamente nel lavorare in maniera “umana”.
Non ultimo, fa necessariamente rima con “sostenibilità“.
Gaia Passamonti
Restituire porta con sé un valore intrinseco di gratitudine, quasi sempre.
Si restituisce quando si ha avuto la fortuna di ricevere e si vuole contraccambiare.
Il restituire è infatti preceduto dal riconoscere i beni ricevuti. Soltanto chi si accorge del dono, avverte il desiderio di rispondere a quel dono. E questo presume attenzione per chi ci sta accanto, riconoscenza per tutto quello che si ha e desiderio di condivisione perché donare consente ad altri di usufruire della nostra ricchezza dando a questa un valore ancora più elevato.
Si restituisce quando non si è indifferenti e si vuole ridare significato ad una parola maltrattata dall’ignoranza, bellezza ad un oggetto rovinato dal tempo o dall’incuria, libertà all’emozione che abbiamo sopito per paura di diventarne vittima.
E sul lavoro si restituisce dignità alla persona che sta dietro ad una mansione, a qualsiasi livello della gerarchia, perché il rispetto genera fiducia, appartenenza e di conseguenza risultati. Il rispetto nasce dall’ascolto, dallo svelarsi e dallo scoprire, dal conoscersi e dal restituirsi reciprocamente spazio e tempo per liberare e concretizzare il proprio pensiero senza prevaricazioni.
Restituire è uno stile di vita che sposta l’attenzione dall’io all’altro. E l’altro è un compagno, un fratello, un figlio, un genitore, un collega, chiunque si relazioni con l’io. Così dare e ricevere trovano un equilibrio alimentandosi a vicenda e risvegliando la cura per il prossimo, l’ambiente e la vita.
Francesca Gelli
Procurement Excellence – Nestlé
Milano
- Significato
- Semplificazione
- Sicurezza
- Sinergia
Una espressione tautologica, perché si specchia su se stessa senza svelare se è causa o effetto: qual è il significato di “significato”?
Rimanda sicuramente al “senso” di una domanda, la più scontata, ma anche la più difficile: chi è?
Che cosa è?
Ma provo anche ad immaginare questa domanda, non solo quando serva ad indagare le sembianze di una cosa, ma anche serva a stabilire il rapporto tra una parola e le sue mille “interpretazioni” attraverso la formulazione di un’altra domanda, meno scontata: Che cosa intendi per?
Esplorare le pieghe di un concetto è una bella palestra, perché ricorda a tutti che non esiste un significato univoco, perchè la stessa parola, se cambia il contesto, ha un altro peso, ma soprattutto perchè il significato di una parola si colora delle sfumature che provengono dall’universo linguistico ed esperienziale di una persona.
Ad esempio, l’accostamento della parola “significato” al lavoro di una persona (che lavoro fai?) rimanda al contenuto delle sue attività, ma anche al contesto (fare contabilità per una banca o per un’azienda agricola), che può contaminare “il significato “ del lavoro connesso: le leggi che lo regolano, ma anche la rete di rapporti, che sono diversamente applicabili al tipo di azienda o di mercato.
Diverso è invece il ‘significato’ tradotto come “senso” del lavoro, per indagare la percezione di soddisfazione e appagamento del lavoratore per ciò che fa: se il lavoro manca di tutele essenziali, diventa sfruttamento; se l’equilibrio tra vita e lavoro è compromesso da condizioni ambientali, il lavoro crea ansia e disagio.
Talvolta, ci si fa bastare “il significato” più scontato del lavoro che è quello di corrispondere un salario a fronte del lavoro reso, ma è sempre meno utile per capire il senso del lavoro. Sarà forse scontato dire che l’obiettivo di un’azienda è vendere, eppure, le aziende non sono tutte uguali, poichè ognuna ha una mission e vision con un “significato differenziante” nel mercato.
Allora, è evidente che bisogna cercare altro nel “significato” del lavoro: per esempio, i comportamenti, le convinzioni e i valori che appartengono ai lavoratori e alle aziende.
Ci saranno comportamenti scelti o indotti; convinzioni proprie e “respirate” nell’ambiente; valori comuni o individuali.
Ecco allora che il significato del lavoro potrebbe portare a scoprire qualcosa che esisteva ma “non era dichiarato” e che impone altre domande per cercare “un altro significato”. La nuova risposta potrebbe rendere esplicito qualcosa, che non era evidente, o potrebbe lasciare nascosto o addirittura “frainteso” altro. Per questo imparare a formulare e riformulare la domanda, per indagare il significato, è importante, perché può condurre a risultati differenti tra gli stessi interlocutori.
Il significato, così, che potrebbe considerarsi più ovvio, plana, invece, su altri livelli: per cui, dal “significato” di una domanda, dipende la risposta, dal cui significato, dipenderà una nuova domanda.
E’ allora è un attimo che facendo domande ti accorgi di qual è il significato di “ascolto”.
Semplificazione significa sfrondare un concetto, un’idea da tutti quegli elementi che non sono necessarie alla sua comprensione ma che sono solo orpelli o inutili ripetizioni.
La semplificazione rende cristallina la comprensione di un concetto o un’idea.
Vi sono anche alcuni tipi di semplificazione che hanno invece uno scopo diverso ed ulteriore, queste non appartengono ai valori della Comunità di FiordiRisorse.
Queste sono:
La semplificazione che ha lo scopo di polarizzare la discussione per creare scontro e non discussione.
La semplificazione banale che usa come strumenti di ricerca ed interpretazione stereotipi e pregiudizi.
La semplificazione che omette, nasconde dati ed informazioni al solo scopo di dimostrare una tesi.
La semplificazione che non è in grado di offrire come risultato una interpretazione completa della realtà / fenomeno osservato.
La semplificazione che offre solo certezze e non dubbi.
O la semplificazione che offre solo risposte e non domande.
Aldo Gay
Συνεργός
(Synergós) o, molto semplicemente, lavorare insieme.
"Compositi ad Seposita” è la scritta che si legge nel cartiglio del 1641 dove sono raffigurati sette tubuli di cannocchiale disuniti e, così scomposti, non hanno alcuna utilità. Soltanto se montati tra loro permettono di vedere lontano, così gli accademici (l’opera è esposta presso l’Accademia degli Scomposti di Fano) una volta uniti e insieme (compositi), per propria scelta (elemento fondamentale è la volontà e il desiderio di essere sinergici, ogni forzatura ne vanificherebbe il risultato), pur essendo così diversi fra loro, potranno, lavorando insieme, guardare molto avanti e lontano e raggiungere il loro scopo, che, in questo caso è “ad seposita”, cioè riferito alla comprensione delle cose sconosciute.
Il cannocchiale in sè riesce a far comprendere quanto sia indispensabile che i vari elementi siano tutti uniti, senza eccezione alcuna, al fine di raggiungere l’obiettivo comune, ma solo un gruppo coeso è in grado di lavorare in sinergia e con profitto. Il lavoro di un gruppo è in grado di ottenere risultati ben maggiori rispetto al singolo, per cui la sinergia è la maggior capacità di riuscita di un gruppo, questo grazie all’azione corale di chi ne fa parte.
E poi importante che ci sia un’operazione chiara, sinergica e costante da parte del gruppo al fine di mettere il tutto concretamente a terra, come sostiene Goethe “è necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualche cosa insieme”.
Viero Negri
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FIORDIMANIFESTO 5 Febbraio | Verona @ Pensiero visibile
FIORDIMANIFESTO il manifesto di FiordiRisorse per una nuova cultura del lavoro 5 Febbraio | Verona @ Pensiero visibile Per partecipare iscriviti su eventbrite: https://manifestour.eventbrite.it/ Indirizzo: Via Antonio Milani, 5d, 37124 Parona VR
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